Folichiava l'armida auriga (metasemantica)

Folichiava l’armida auriga
nel niveame sulle scele
mentre Siro a flutti stiga
e sponta e gorga le astre vele.

“Quale telomiceno,” banisce
“quante pureltà di scolidoni!”
poi ammuna gli occhi, venisce
tergato a sego di sciabordoni.

Sbritta e sgrotta l’ondeasco
l’auriga frolla più ceveremente
ma lui dirosa nel suo folasco
imbagiato virumillo dole niente.

S’agguima intella una froda
leata lì per tumar del niro
zarrazza gnefa, incrine l’oda
spoltando seli neva Siro.

Presto squava tite la risbecca
che dimanta polle ed urcinato
così in tonente brena stecca
assalato dengue al piluvato.

Folichiava l’armida auriga
in vecco birata priman d’esura
la froda aledana filata ziga
una misticca alla natura.